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Mentre attendeva (chissà cosa) teneva una mano sotto quel prepotente getto.
- Che dovrebbe succedere? - chiese sottovoce Bruno a Omero.
- Non sono io il regista - disse l altro, anche lui sottovoce.
- E chi è?
- Saperlo!
I ragazzi erano tanto concentrati a guardare quel fenomeno rosseggiante e a met-
tervi di continuo le dita, da non accorgersi che un altra persona si era seduta, silenzio-
sa e immobile come loro, a fianco di Lara. Omero guardò distrattamente il gruppo,
poi lo additò agitato a Bruno.
- Ehi, ehi, ma lì c è qualcuno che prima non c era! Bruno si voltò verso il grup-
po. Erano cinque ragazzi, non quattro.
- E quella chi è? - fece, sorpreso. Una bambina sedeva a gambe incrociate. Ave-
va la pelle olivastra e capelli neri che più neri non si può. Ed era vestita in modo son-
tuoso, ma in maniera esagerata, con una quantità di colori...
- Non è mica carnevale, no? - chiese Bruno, accennando alla bambina.
- Macché, è già passato.
- E... e allora?
- Credo di aver capito chi sia. Anche se non so il nome, né come sia arrivata qui.
- E chi è?
- Quella che, senza volerlo, ha provocato tutto questo bailamme.
- Un incendiaria? - chiese Bruno, allarmato, scrutando la criminale con sguardo
torvo.
- Peggio! - disse Omero, andando verso il gruppo. Bruno allora la fissò con cat-
tiveria. Anche il prof si era accorto di quella intrusione, perché pure lui si stava diri-
gendo verso i ragazzi. Solo a quel punto Lara vide la bambina. Ebbe un sobbalzo.
- Tu chi sei? - le chiese, meravigliata.
- Aya. Il mio nome è Aya.
- Aya? Che nome! E perché sei vestita così?
- E tu perché sei vestita così? - chiese l altra di rimando, con un largo sorriso.
- Perché sì. E poi, da dove vieni? Non ti ho sentita arrivare.
Gli altri ragazzi e gli adulti seguivano incuriositi, in silenzio. Floriana però sem-
brava capire la situazione, perché sorrideva alla bella bambina dai capelli corvini.
- Vengo dal cielo - disse Aya.
- Sì, e io sono la regina d Inghilterra! - disse ironica Lara.
- Piacere di conoscerti, regina d Inghilterra.
- Ma sei svitata? Ragazzi, ma la sentite?
- Io sono Leo - disse il fratello, spostandosi per mettersi più vicino a lei. Marina
lo seguì subito.
- E allora vieni dal cielo? - chiese Omero, che si era messo anche lui seduto
sull erba, seguito da Bruno e dal professore.
- Certo. Mi ha portato un aquila - disse Aya a quell uomo dalla faccia simpatica
e con un bel paio di baffi. Era gente di una razza sconosciuta, dalla pelle chiara (non
era quello che aveva raccontato in parte il sacerdote a proposito del Serpente Piuma-
to?) e dai vestiti così inusuali. Anche i calzari erano proprio buffi, col piede comple-
tamente chiuso in quella specie di pelle gommosa bianca e colorata, e con dei simboli
che li decoravano. Le ragazzine dovevano avere più o meno la sua età, una sugli un-
dici anni come lei, le altre due sembravano di poco più grandi, ed erano carine. Ma
invece di gonne portavano dei pantaloni blu, di un tessuto che non aveva mai visto,
Erano i ragazzi, i maschi, che nella sua città portavano pantaloni di vigogna, per lo
più con delle frange laterali.
I maschi, mai le donne! Quello che si era presentato come Leo era proprio bello,
ma lo avrebbe preferito più scuro di pelle e coi capelli lunghi. E un po più scuri di
quella specie di nero chiaro.
- Ah, ti ha portato un aquila? - chiese Lara, ironica, allargando le braccia come a
imitare un grande uccello.
- Credo. Era un enorme uccello, credo proprio un aquila reale.
- Magari blu e rossa, no? - chiese Bruno, ridacchiando.
Lei lo guardò stupita: - Ah, allora l hai vista!
Bruno volse altrove gli occhi, imbarazzato per quella reazione; la bambina sem-
brava sincera, non aveva l atteggiamento di chi scherza. Lara tornò alla carica, ma
quel riferimento ai colori dell enorme uccello la faceva riflettere. Comunque continuò
a essere sarcastica:
- Allora ti ha portato un aquila multicolore e ti ha deposto dolcemente qui.
- Dolcemente? Mi fa ancora male il sedere! Mi ha fatto cadere nel cerchio di
fuoco, quello lì. E allora sono subito scappata nel bosco. Poi quando siete arrivati, mi
sono seduta al vostro fianco.
- Ecco spiegato il cerchio di fuoco - disse il prof.
- La porta spazio-temporale - disse Leo nell orecchio di Marina.
- Proprio così; la bambina - disse il prof, indicandola col pollice - è venuta dal
passato e da un altro paese. Aya era perplessa e sconcertata: perché quell uomo par-
lava così? cosa stava succedendo? Sì, la fuga dalla Grande Piramide, l aquila, il volo,
il cerchio di fuoco... e poi? Ora dov era? Perché non vedeva più la sua terra e la fore-
sta verso la quale si stava dirigendo prima che gli artigli dell aquila la ghermissero?
Dov erano la sua città e i suoi familiari? Perché si trovava in un posto e tra gente
che non conosceva? Forse era arrivata al Tredicesimo Ciclo, dove vanno i buoni dopo
la morte? Voleva esprimere agli altri i suoi dubbi e la propria angoscia, quando una
delle ragazze, quella che le aveva sorriso ma fino ad allora non aveva mai parlato,
disse come se recitasse:
- Sulle strade giacciono dardi spezzati; i capelli sono sparsi. Scoperchiate sono le
case.
Aya ascoltò sorpresa e commossa, e scoppiò improvvisamente in un pianto di-
rotto. Floriana continuò:
- Tinte di rosso hanno le mura. Per strade e piazze pullulano i vermi.
Aya allora le prese la mano e continuò, tra i singhiozzi: - Le acque erano rosse
come fossero tinte, e se noi le bevevamo avevano il sapore del sale.
Tacque, mentre dalle guance scendevano lacrime.
- Cos è? - chiese Lara, colpita dalle parole e dalla scena stessa. Cominciava a
considerare con occhi diversi quella bambina.
- Una vecchia profezia - spiegò Aya, asciugandosi le guance con il dorso della
mano - che descrive la fine del mio popolo. Ma lei come fa a saperlo?
- Non ho proprio idea! - disse Lara, poi aggiunse: - Ma di quale popolo parli?
Insomma, da dove vieni?
- Non so da dove vengo. Né dove sono. Ma so che sono nata per morire.
- Tutti moriamo - osservò Lara.
- Oh, sì, ma io sono stata concepita per salvare il mio popolo, io dovevo morire [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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